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the Rocksuckers

La Peteran Records, giovane e indipendente net label romana, ci scrive per promuovere due nuove uscite della sua scuderia, Bandage e False Friends. In particolare vi segnaliamo i primi, anche perchè quasi nostri compaesani e più che meritevoli di un ascolto. Fanno un rock di classico stampo americano post-grunge alla Pearl Jam, forse poco originale ma sicuramente ben suonato e d’impatto per le atmosfere che riesce a creare. Nella loro biografia leggo che come gruppo esistono da quasi dieci anni…eppure fino ad oggi non ero mai incappato in loro, nemmeno ad una stramaledetta festa campestre di provincia. Inevitabile ricollegarsi al post di ieri, perchè anche in questo caso una band che prova a fare qualcosa di più impegnativo viene ignorata e lo testimonia la totale mancanza di date sul loro Maispeis. Certo, perchè rischiare quando con una bella cover band di Vasco Rossi o Ligabue si va sul sicuro? Che bello essere italiani!the Rocksuckers
http://therocksuckers.blogspot.com/

Keep On (di Toto’)

Novara è una città strana: può vantarsi di essere capoluogo di provincia, tuttavia il suo modo di vivere non si differenzia molto da quello di qualsiasi altra cittadina media. Tranquillità, molto verde, spazi a misura d’uomo e tanta brava gente lavoratrice: un buon posto dove condurre la propria serena esistenza borghese.
Novara è pura provincia padana: fieramente piemontese nella sua identità, nella sua storia e nella sua architettura da moderna cittadina industriale, ma tristemente lombarda nella sua realtà. La distanza che la separa da Milano, infatti, è irrisoria: soli 50 km di autostrada, tutta dritta. Percorrerla di notte con la nebbia causa uno smarrimento totale delle percezioni spazio-temporali: una vera e propria autostrada per l’inferno.La capitale lombarda fagocita tutto quello che la circonda, impone i ritmi, gli stili, i modi di vivere, di pensare e di esprimersi. Non rimane altro da fare che omologarsi o si è tagliati fuori da tutto. Tutto questo offre Milano e il suo hinterland: la finta felicità del triste uomo medio italico è lì, a portata di mano, basta solo rinunciare a se stessi e alla propria individualità per tingersi la pelle del grigiore dell’omologazione. Novara è provincia di Milano. Non le è concesso esprimersi autonomamente. Tutto viene risucchiato, consumato e appiattito e la madonnina ancora una volta batte felice e soddisfatta lo scontrino.Novara ha un clima tremendo, freddissima d’inverno e umida d’estate. Le vicine risaie producono in serie una quantità industriale di zanzare che rendono la vita impossibile ai suoi abitanti durante i mesi caldi. Ma su tutto domina incontrastata la nebbia, la quale più che un fenomeno meteorologico è ormai un vero e proprio stato mentale.
Si ha spesso la sensazione di essere risucchiati nel vuoto, da soli, perché non riesci neanche a vedere chi ti sta accanto. Senti solo voci confuse, rumori assordanti e ogni tanto ti sfiora una mano calda che vuole stringere la tua, ma stai attento, potrebbe tirati ancora più giù.

Novara è la città degli spazi. Se percorri le sue strade di campagna al tramonto, hai la sensazione di camminare senza meta e se non fosse per le maledette case e le montagne lontane che si stagliano all’orizzonte, si perderebbe definitivamente l’orientamento. Ma questo non è più il vuoto dell’angoscia e della solitudine, ma l’unico spazio immaginabile per raffigurare la libertà.

Cosa c’entrano i Bandage con tutto questo? Semplice, i Bandage sono tutto questo. La loro musica è il suono di Novara, è il suono degli spazi, della nebbia e della voglia di esprimersi senza filtri e senza omologazione. È un vaffanculo enorme a Milano e alle sue logiche modaiole di mercato.
I Bandage sono tre ragazzi semplici che amano la musica, che non immaginano altro modo di esprimersi se non attraverso le sette note; sono ragazzi educati, silenziosi, non vestono alla moda, non sculettano su un palco, non inventano nulla di nuovo, non aspirano alla fama, scrivono solo grandi, semplici canzoni rock (scusate se è poco!) attraverso cui veicolare i loro sogni, la loro rabbia, la loro frustrazione. Avrebbero potuto suonare del garage rock annacquato, come va di moda oggi, vestirsi con giacche e cravattine new wave anni ’80 (stile Franz Ferdinand et similia) e sicuramente sarebbero stati chiamati a suonare in tutti i locali modaioli di Milano, avrebbero avuto tanta coca e tanto successo e forse si sarebbero scopati ogni sera una donna differente.

Sono forse dei fessi, i Bandage? No, sono soltanto delle persone idealiste che ancora credono nella musica, nella sua capacità di esprimersi in maniera autonoma e indipendente, nella semplicità e nella forza autentica del rock. È per questo che le loro canzoni sono genuine, esprimono con enorme forza non solo la loro personalità, ma anche i posti e i luoghi che si intrecciano nelle loro esistenze (prima fra tutti, ovviamente, la città in cui vivono).
Non è un caso che la musica dei Bandage si ispiri alla migliore tradizione roots americana (Pearl Jam, Neil Young, Dinosaur Jr.) che comunque viene rielaborata in maniera assolutamente autonoma e personale. È la forza della semplicità, della genuinità, che vale più di ogni altro inutile discorso intellettuale, più delle parole spesso vacue e insignificanti.

La loro musica è una lotta contro il silenzio che attanaglia le loro vite, ma anche contro lo stremante chiacchiericcio che domina oggi e che spesso si esaurisce in un assordante e fastidioso frastuono.

Ascoltare il loro demo, Things Happen..., è come viaggiare in macchina al tramonto attraverso le campagne di Novara con gli spazi che ti avvolgono. Ma non pensiate che la loro sia una musica pacifica! Non c’è niente di rassicurante nell’universo dei Bandage: c’è il salire su una scala (il futuro), salutando beffardamente tutto e tutti, ma anche l’ombra riflessa di un passato doloroso e minaccioso con cui non si riesce a venire a patti e con cui si dovrà convivere per tutta la vita.
È la doppia faccia della stessa medaglia (l’uomo moderno): il sogno e l’incubo, lo spazio libero della pianura e la nebbia opprimente e grigia della città, ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. È la batteria fredda, cinica, minimale, ossessiva di Consumers che si scontra con le splendide aperture melodiche della voce e della chitarra e con un basso assolutamente desertico. È la chitarra acustica, discreta, dolce, soffusa (insieme ad un eccezionale cantato a due voci) che apre Wrinkles per poi esplodere in un rodeo elettrico-melodico (se le radio la trasmettessero, questa diventerebbe sicuramente una piccola hit indipendente). È la straordinaria e semplice bellezza di Bagpipes (una canzone che non avrebbe assolutamente sfigurato all’interno di uno qualsiasi dei primi album dei Pearl Jam). È l’incredibile saliscendi di Radio Breakdown (la mia preferita) per la quale non riesco più a trovare aggettivi: un pezzo semplicemente che da le vertigini.

È tutto qui, in queste quattro grandi canzoni, l’universo dei Bandage: la loro forza, la loro semplicità, il loro talento. Peccato che oggi il mercato non è più interessato a certe sonorità dei primi anni ’90 (se questo demo fosse uscito in quegli anni, avremmo gridato tutti al miracolo), ma statene certi, prima o poi arriverà l’immancabile e ciclico revival. E come sempre accade, i gruppi genuini verranno spazzati via dagli imbecilli, propinatici dalle riviste e dall’industria discografica, ai quali spetteranno fama e successo. Ma a noi non importa nulla.
Forse i Bandage non saranno mai famosi, ma in compenso continueranno a regalare, a chi ha orecchie e anima per sentire, delle grandi canzoni che ti riconciliano con la musica e col mondo intero. Non perdeteli dal vivo: è nella dimensione live che il suono e la personalità dei Bandage fuoriescono in tutta la loro carica e potenza emozionale. Grandi.

Totò
www.keepon.it

Keep On (di Marco Manzella)

Correva l’anno 1991/1992 quando passando in un atrio di un palazzo rimasi sorpreso nell’ascoltare le note di Come As You Are suonate da una chitarra ancora evidentemente alle prime armi, con la stessa passione che mi aveva fatto innamorare dei nuovissimi gruppi di Seattle che avrebbero cambiato radicalmente i miei gusti musicali.Quei ragazzi mi fecero assaggiare quella vita che avrei voluto vivere fatta di notti intere a suonare nelle cantine e di emozioni pure al 100%. Quei ragazzi mi diedero la possibilità di realizzare un sogno con loro, ma rinunciai e non mi perdonerò mai per questo. Quei ragazzi erano Nicola e Pierpy che, con l’arrivo qualche anno dopo di Eugenio sono diventati i BANDAGE e non hanno mai smesso di credere in quel sogno, continuando a realizzarlo poco alla volta, sempre in mezzo al mare di difficoltà che a volte sembra far annegare la musica Indipendente italiana nell’acqua salata e sporca del commercio e del consumismo.Ammirati e stimati da qualsiasi musicista che abbia avuto la fortuna di conoscerli, si autoproducono da più di 10 anni con risultati stupefacenti, sfornando riff e melodie di cui non si smette mai di avere bisogno per stare bene e che potrebbero sicuramente attirare l’attenzione di qualche grande etichetta, ma probabilmente, se li conosco bene, a loro non interesserebbe.

Il loro ultimo lavoro (Things Happen..) è nella mia autoradio da più di una settimana e non ho il coraggio di toglierlo.

Marco Manzella
www.keepon.it

INTERVIEWS

ITA

LUKA CHUPPI SHOW INTERVIEW 14 04 2011 BANDAGE

SPAZIO

ciao a tutti cari amici!!!!….di SPAZIO!!!!…..beato ki sara’ in diretta …oggi come dicevo gran sorpresa!!!…..abbiamo il piacere di avere con noi un interessantissima band gia’ promossa in Spazio!!!…una band dal sapore di rock internazionale….un magico filtro per la cura dell’anima……da Novara sono con noi…..BANDAGE!!!!…a parlarci del loro ultimo e intenso album ..

SEPTEMBER OF THE BROKEN HEARTS……benvenuti in SPAZIO!………………

….abbiamo con noi EUGENIO LO BELLO E NICOLA DI MARZO due esponenti della band!!…ciao ragazzi….parto con i complimenti per i vs progetti…..sono veramente intriganti!…..so’ ke avete ad oora un solido background di fatto di album e tanti concerti……quando e’ nato e ke evoluzione ha avuto il progetto BANDAGE..?……

BANDAGE

Ciao a tutti!!!! Esordiamo ringranziando Luca per averci offerto questo spazio,e chiunque fosse connesso in questo momento. I Bandage nascono nel 1998 da un’idea di Nicola e pierpaolo(ex batterista).L’idea era quella di suonare canzoni semplici, di matrice Indie-rock americana.

In questi anni abbiamo pubblicato 5 ep. Nel corso degli anni il nostro sound si è evoluto molto.Piano piano siamo riusciti a crearne uno molto più personale cercando di staccarci dalla scena degli anni 90 che abbiamo vissuto in pieno.

L’ultimo lavoro racchiude pienamente quello che vogliamo essere!!! Indie-rokkettari in uno sfondo folk.

SPAZIO

ricordando la vs discocografia…ossia dal primo album Untitled…al secondo RED CD….THINGS HAPPEN….CAN’T FIND…appunto all’ultimo pubblicato SEPTEMBER OF THE BROKEN HEARTS.durante questo percorso si denota una evoluta e raffinata linea musicale….affinando le sonorita’ su questo vs sound ruvido e di impatto….come avviene la parte creativa ke riferimenti avete (se ne avete) nella nascita dei vs albums..?…

BANDAGE

Molti pezzi nascono dallo sviluppo dei riff che Nicola porta in saletta.Altri invece sono improvvisazioni,a volte anche lunghissime,dalle quali estrapoliamo poi il pezzo.Diciamo che i punti cardini delle nostre composizioni sono le strutture.

Nelle canzoni sono quasi sempre presenti delle pause,stacchi,dinamiche non sempre lineari.

SPAZIO

…fondamentale per una band come la vostra e’ l’impatto scenico live..dove si valorizza al meglio la vs espressione…da tempo vi siete gia’ fatti un vs pubblico… la reazione appunto dei vs fans ai concerti…e essendo un progetto internazionale gia’ con riscontri esteri…pensate presto di varcare il confine?…

BANDAGE

Ovviamente cantando in inglese ci rivolgiamo ad un pubblico anche internazionale.Ci farebbe molto piacere varcare i confini nazionali.Siamo alla ricerca di contatti all’estero e disposti ad instaurare collaborazioni con realtà diverse da quelle italiane.Pensiamo a posti come la Germania, Scozia e Inghilterra dove a nostro parere la scena “indie” è molto più apprezzata.

SPAZIO

…..in effetti in Italia diventa un genere un po’ di nicchia….considerando giusto anke il fattore testuale in inglese. riguardo questo…ke temi affrontate nei vs brani?…

BANDAGE

Alcune volte si lavora sulle immagini giocando con le parole,senza arrivare ad un significato ben preciso.Altre volte invece manifestiamo apertamente ciò che non ci piace nella società di oggi.Basti pensare a pezzi come “Consumers” o “Lokum” dove ci schieriamo contro lo sfrenato consumismo e contro l’egemonia dei “potenti” che ci rendono sempre meno umani e lobotomizzati.

SPAZIO

 SEPTEMBER OF BROKEN HEARTS..il brano ke da’ il titolo al vs ultimo album…un brano come gli altri dell’album ke a mio parere rispecchia una maggiore consolidamento e identita’ dei BANDAGE …parlami di questo album? come nasce..?…

BANDAGE

è sicuramente l’album più impegnativo sia per la stesura dei pezzi che per la produzione.Infatti “September of the broken hearts” è stato interamente registrato e mixato da noi nel nostro piccolo studio messo su per l’occasione.Proprio per questo rispecchia fedelmente la nostra essenza e la nostra identità musicale.Siamo molto legati a questo EP costato un’anno di duro lavoro e speriamo di pubblicare presto i restanti 10 pezzi registrati durante quelle sessioni.

SPAZIO

un’ultima domanda..oltre al lavoro fatto nel vs studio..e’ significativo il passaggio all’autoproduzione sotto la licenza di CREATIVE COMMONS…licenza ormai riconosciuta da svariatissimi artisti emergenti…lavorare sotto CREATIVE vi rende piu’ liberi nel proporre i vs progetti? ..e se questa vi ha aperto a nuovi canali di distribuzione e condivisione dei vs brani?.

BANDAGE

Grazie per la domanda.Secondo noi le licenze Creative Commons meglio rispecchiano i principi di condivisione che stanno alla base di Internet.Abbiamo scelto di pubblicare i nostri lavori sotto queste licenze perchè siamo favorevoli alla libera circolazione delle idee e stanchi del modello copyright tradizionale che prevede forti restrizionii agli utenti e ascoltatori.

Qualcosa si sta muovendo in questo senso.Infatti abbiamo avuto modo di conoscere interessanti realtà musicali e nuovi canali.Secondo noi con le CC,c’è la possibilità di ricreare su internet quei canali indipendenti che hanno caratterizzato il movimento dell’ indie-rock.

Venite su www.bandagerock.net,scaricate la nostra musica distribuita in diversi formati,condividetela liberamente e se vi piace potete supportarci con piccole donazioni o acquistando cd magliette o spillette nell’apposita sezione”support us”. Grazie mille!!!!!!

SPAZIO

Un grandissimo saluto e ringraziamento a EUGENIO LOBELLO E NICOLA DI MARZO che ci hanno intrattenuto con i loro intensi progetti..ricordo ai ns amici di SPAZIO di visitare l’apprezzatissimo sito dei BANDAGE dove possono scaricare brani visionare video e condividere impressioni direttamente con la band….Ciao ragazzi a presto con la ns richiesta di metterci a conoscenza di ogni vs nuovo movimento !!..ciao!!

http://www.bandagerock.net/home.php

Intervista su “La Stampa” del 19-08-2010

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Intervista

Intervista a Keep On (14/03/07)

di TotòSan
I Bandage non sono propriamente degli emergenti. La band, infatti, suona insieme ormai da quasi dieci anni anche se non ha potuto godere, purtroppo, di alcuna visibilità. Dopo due demo in cui ancora i pezzi non erano perfettamente a fuoco, nel 2006 i Bandage registrano e pubblicano un Ep, Things Happen…, in cui mostrano un talento e una capacità di scrittura davvero notevoli. Noi del KeepON ce ne eravamo accorti: infatti il disco è stato positivamente recensito da Marco Manzella su queste colonne e abbiamo anche organizzato una data coi Pertubazione. Adesso i Bandage hanno appena finito di registrare quattro pezzi nuovi di zecca (ho avuto il piacere di ascoltarli in anteprima e vi assicuro che sono una B-O-M-B-A) che andranno a formare un nuovo Ep e verranno distribuiti dalla Peteran Records. Di questo e di altro abbiamo parlato con Pierpaolo, batterista della band.


T: Raccontaci brevemente la storia della band.

P: Io e Nicola abbiamo iniziato a suonare insieme già dal ‘94, quando eravamo ancora alle primissime armi. Dopo le prime esperienze abbiamo formato con Ame e Roxs dei CuoreDolcePietra il nostro primo gruppo, i Phoolan Devi, ma poi nel ‘98 io e Nicola abbiamo deciso di staccarci e mettere su i Bandage, per avvicinarci di più alla musica che volevamo veramente. I primi 5 anni sono stati sogni, illusioni e solitudine. La scena novarese era molto diversa e l’unica cosa buona in quegli anni di nero drammatico erano gli Scum. C’è stata una breve schiarita con l’entrata di Graziano al piano elettrico (ora nei Fog in The Shell), ma non abbiamo continuato perché in molte canzoni non avrebbe avuto spazio. E’ stato con l’arrivo di Eugenio al basso che ci siamo sentiti per la prima volta una vera band e abbiamo cominciato a fare le cose seriamente.

T: Quali sono le vostre influenze?

P: Siamo cresciuti in piena epoca grunge e ognuno di noi ha gusti simili, ma magari impazzisce per un gruppo che agli altri non piace per niente. Nella nostra musica riusciamo però a trovare un comune denominatore fra i nostri gusti e questo avviene in maniera assolutamente spontanea, senza bisogno di parole. Riuniamo molte influenze diverse senza assomigliare a nessuno in particolare, di questo siamo molto contenti.
Da parte mia ci sono gruppi come Fugazi, Dinosaur Jr., Sebadoh, Pixies, Nirvana che hanno influenzato radicalmente il mio modo di suonare, ma l’elenco sarebbe molto più lungo. A Eugenio piacciono Kyuss, Tool, Marlene, Stooges, Cure, Sonic Youth per dirne alcuni. Per Nico ci vorrebbero 100 pagine, ma i più importanti sono stati Neil Young & Crazy Horse, John Frusciante, Pearl Jam, Minutemen.

T: Descrivi il vostro suono.

P: Per dirlo con una parola lo definirei coinvolgente. Noi lasciamo che siano le nostre emozioni a parlare e credo che questo venga avvertito dalla gente. Mi piace il fatto che pur essendo in tre riusciamo a “riempire” anche dal vivo, senza aver bisogno di inserire altri strumenti.

T: Come componete le vostre canzoni?

P: Il centro nevralgico dei Bandage è senza dubbio Nicola, molte idee partono da lui. Altre volte invece ci abbandoniamo a lunghe improvvisazioni e, quando quello che ne esce fuori ci piace, lo sminuzziamo e lo riassembliamo fino a farlo diventare una canzone, come è avvenuto ad esempio con Can’t Find, uno dei pezzi del nuovo EP.

T: Come è nata la collaborazione con la Peteran Records e cosa vi aspettate?

P: La collaborazione con la Peteran è nata grazie a Myspace, sono stati loro a contattarci dopo aver visitato il nostro spazio e ascoltato i nostri brani. La loro proposta è di distribuire e promuovere il nostro Ep in Europa e America attraverso i canali indipendenti. Questo potrebbe anche non portare a nulla, ce ne rendiamo conto, ma la cosa positiva è senza dubbio il poter arrivare a più orecchie possibili; senza questa condizione le opportunità difficilmente si presenteranno.

T: Rispetto a Things Happen…, che era un disco più rock e diretto, queste nuove canzoni hanno un suono più caldo e psichedelico, quasi sixties. Sei d’accordo? È cambiato qualcosa?

P: Sono felicissimo di questi suoni, abbiamo scelto di incidere al Sauna Recording Studio (di proprietà degli Encode, N.d.A.) proprio perché registrano su bobina e sono bravissimi. Secondo me per la musica che facciamo l’analogico è indispensabile, il digitale non ti dà questo calore e queste dinamiche.

T: Qual è, secondo te, la situazione attuale della musica indipendente in Italia?

P: Naturalmente la vediamo da fuori, non avendo vissuto esperienze in prima persona. Secondo me il problema in Italia è che i dischi indipendenti non si vendono: costano troppo, è difficile reperirli e c’è troppo poco interesse da parte del mercato. Le etichette indie ci pensano su 1000 volte prima di produrre un gruppo, scegliendo quelli che fanno la musica più in voga nell’ambito per rischiare il meno possibile. Il risultato è che si vengono a creare le stesse situazioni del mainstream che tanto odiamo. L’indie, come dice il nome, dovrebbe essere indipendente da queste logiche. A questo punto mi fa piacere sapere che esistano realtà no-profit come la Peteran che, pur non avendo soldi per produrre i gruppi, si impegnano ad aiutare le band in cui credono.

T: Perché, secondo te, a differenza di paesi come la Francia o la Svezia, l’Italia non riesce a sfornare delle rock-band capaci di emergere anche a livello internazionale? Siamo forse vittime del nostro innato provincialismo?

P: Non conosco le band di cui parli, ma posso dire con certezza che le rock-band valide in Italia ci sono e ci sono state, ma nascono e muoiono nell’anonimato. Quando ho ascoltato per la prima volta i Joe Leaman faticavo a credere che fossero italiani, sarebbero potuti stare benissimo a fianco dei gruppi indie più famosi che ascoltavo, eppure…quanti di voi li conoscono? L’Italia semplicemente non è il posto giusto per mettersi a fare musica rock ed è veramente un peccato, con tanta gente brava che c’è.

T: Quali sono le band italiane con le quali ti piacerebbe o ti sarebbe piaciuto dividere il palco e che ritieni vicino a voi come suono e attitudine?

P: Non sono nella posizione di poter rispondere a questa domanda. Ti racconto invece di un sogno meraviglioso che ho fatto. Eravamo a mangiare con i Perturbazione, io con mano tremante passavo il vino a Tommaso Cerasuolo che me l’aveva chiesto, pensando incredulo:“Parla come nel CD!”. Salgo sul palco con un’angoscia neanche lontanamente provata prima e dalla tenda dietro la batteria spunta la sua testa che mi dice: “Oh! Buon concerto!” e io quasi svengo. Dopo che loro hanno suonato ci siamo ritrovati nel camerino a mangiare pane e salame e ad abbracciarci ed io mi sono fatto autografare il loro CD. Il mattino dopo mi sveglio stordito, salto giù dal letto e corro a guardare nella tasca del giubbotto: c’era un CD dei Perturbazione autografato…allora era tutto vero. Quel giorno ha annullato 10 anni di buio. Ricorderò per sempre quel giorno, grazie KeepON!

T: Secondo te, Internet e le nuove tecnologie rappresentano davvero l’ultima frontiera “libera” della musica?

P: Ci sono sicuramente lati positivi e negativi. Con l’avvento delle nuove tecnologie chiunque può prodursi in casa la propria musica (nei limiti) con poche spese e con una qualità che anni fa ce la sognavamo. Internet poi consente di farsi conoscere e di comunicare con tutto il mondo in tempo reale e può effettivamente creare opportunità che prima non c’erano: basti pensare al fatto che la Peteran ci ha contattato attraverso Myspace.
Il problema sta nel fatto che adesso tutti si danno al download sfrenato delle canzoni e non li biasimo: perché spendere 20€ per un disco che posso scaricare, copertina compresa, tranquillamente da casa? Vietare il file-sharing non serve a nulla, bisogna che i cd costino meno e, cosa molto importante, che la gente che scarica abbia la coscienza di chiedersi chi sta danneggiando: dei big miliardari o delle band che sopravvivono a stento?
TotòSan
www.keepon.it

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